Perchè l’Abenomics non può fallire

Scritto il alle 20:16 da redazione [email protected]

Di seguito pubblichiamo un commento di mercato elaborato dal team di asset allocation di MoneyFarm. Gli esperti nel loro intervento prendono in esame in particolar modo la situazione giapponese e le politiche economiche intraprese da fine 2012, ossia dal suo insediamento, dal Premier nipponico Shinzō Abe. Più comunemente note con il nome di Abenomics, nel corso del 2013 hanno contribuito a riportare il Giappone, la sua economia e la sua divisa al centro della scena economica internazionale.

Il 2013 verrà ricordato come l’anno in cui il Giappone ha ripreso un ruolo di primo piano sulla scena economica internazionale. Dopo oltre vent’anni di crescita nulla e deflazione, con forti conseguenze sociali e un clima generale di declino demografico e politico, il primo ministro Shinzo Abe, fresco di rielezione, ha annunciato una serie di misure di forte impatto volte a dare una scossa significativa all’economia e alle istituzioni del paese.

Le iniziative di Abe sono state impostate su tre direttive:
– Politica monetaria espansiva
– Stimolo fiscale
– Riforme strutturali

Le tre iniziative sono state descritte anche come le tre “frecce” di Abe e si distinguono per tempistiche (stimoli nel breve, riforme nel medio lungo) e attori coinvolti. Le tre frecce di Abe hanno presto conquistato le prime pagine dei giornali e l’interesse di molti addetti ai lavori. Il Giappone viene infatti da decenni di politiche economiche tutto sommato conservative che non sono state in grado di contrastare la lunga fase di depressione.

La politica monetaria non è mai stata molto aggressiva, pur se i tassi sono stati tenuti intorno allo zero a lungo e la politica fiscale, pur con il debito in lenta e costante crescita, non ha visto innovazioni palesi nell’approccio. Invece la dimensione e l’innovazione dell’Abenomics è subito stata chiara, soprattutto per la parte che riguarda la politica monetaria.

La Bank of Japan (BoJ) si è infatti portata nell’arco di poche settimane ai vertici mondiali in termini di innovazione e aggressività: invece di fissare tassi di interesse di riferimento, da anni intorno a zero, la BoJ adesso fissa un ammontare di liquidità da immettere nel sistema periodicamente, nonchè gli strumenti finanziari che comprerà con questa liquidità. Viene ufficialmente fissato l’obiettivo del raddoppio della base monetaria giapponese e il target ufficiale della politica monetaria diventa il raggiungimento di un dato tasso di inflazione (2%).

Di fatto dagli anni della crisi post-Lehman le politiche monetarie americana, inglese ed europea già avevano intrapreso la strada dell’innovazione e della sperimentazione: l’espansione quantitativa della moneta praticata da tutte le banche centrali, in modi e quantità diversi, è l’innovazione del decennio, dopo trent’anni in cui il semplice controllo dei tassi di interesse aveva permesso un buon governo dell’economia e di vincere la lotta alla (troppa) inflazione. La BoJ però fino al 2013 aveva fatto meno quantitative easing delle altre banche centrali. Il nuovo banchiere centrale (Kuroda) invece ha portato il Giappone ad esprimere in pochi mesi la versione più aggressiva di questo approccio di fare politica monetaria.

Considerazioni simili valgono per la politica fiscale. Dopo anni di debito pubblico crescente, la politica fiscale giapponese non poteva essere espansiva, ma allo stesso tempo non c’era austerity che potesse fermare l’esplosione del debito pubblico, soprattutto con una economia in continua recessione. In questo contesto, la decisione di Abe di provare comunque con un forte impulso fiscale iniziale, nonostante un elevato debito pubblico, è stata vista da alcuni operatori come un giusto cambio di passo. In una depressione, un governo prudente nella spesa è un fattore negativo.

Anche in questo aspetto l’Abenomics presenta novità su scala globale, se non rispetto agli Stati Uniti, almeno rispetto all’Eurozona, dove la troppa prudenza sulla politica fiscale sta secondo alcuni soffocando le economie di molti paesi.

Da ultimo, le riforme strutturali. In questo caso si tratterà per Abe di snellire burocrazia, regole e una gestione dell’economia molto tradizionale, per riportare il Giappone ad elevati livelli di competitività. Questa terza freccia è parsa da subito la più complessa da scagliare e quella che dovrà fare il percorso più lungo e tortuoso, in un paese schiacciato da dinamiche demografiche negative e da un mercato del lavoro molto poco flessibile.

La rivoluzione di Abe si scontra inevitabilmente con alcuni grossi punti interrogativi. Il debito pubblico in Giappone è quasi al 230% del GDP, per cui la politica fiscale espansiva non potrà durare e dovrà velocemente tradursi in crescita economica e maggiori incassi fiscali, per evitare una spirale negativa. Gli eventi importanti di politica economica sono il prossimo aumento dell’IVA, che potrà avere un effetto negativo sui consumi, e il meeting di maggio della Banca Centrale.

I problemi demografici e strutturali in Giappone sono enormi, per cui il rischio potrebbe essere quello di voler innescare la rivoluzione in una casa di riposo. Vediamo ora come hanno reagito i mercati nel 2013, nei mesi successivi all’annuncio di questa “rivoluzione”.

Il mercato azionario è salito del 49% da gennaio 2013 a maggio 2013. I titoli di stato, dopo un primo rialzo dei rendimenti, si sono stabilizzati. Il mantenimento di tassi di interesse nominali bassi sulle varie scadenze resta un elemento centrale della politica monetaria, volto ad ottenere tassi reali negativi: con l’inflazione che inizia a salire, tassi nominali stabili si tradurranno in tassi reali negativi, permettendo a imprese e consumatori di aver accesso a credito a costo di fatto negativo.

Anche le aspettative di inflazione, sui mercati e nei sondaggi, stanno salendo. Il tasso di cambio dello yen si è deprezzato sensibilmente contro tutte le principali divise globali. Nel tempo questo dovrebbe tradursi in un miglioramento della bilancia commerciale giapponese.Vediamo ora alcuni dati macroeconomici, per valutare se qualcosa si stia effettivamente muovendo dopo vent’anni di stasi.

I consumi stanno lentamente ripartendo, i prestiti concessi dalle banche crescono, l’inflazione nazionale è all’1.4%, l’economia nel 2013 è cresciuta del 2.6% e il prezzi nel mercato immobiliare stanno salendo. Qualcosa quindi si muove, ma da mesi ormai il mercato azionario è fermo, dopo il rally iniziale nel 2013.

I mercati hanno concesso ad Abe il beneficio del dubbio e sono stati i primi a prezzare in senso positivo la rivoluzione economica giapponese. Ma gli stessi mercati ora aspettano dati macroeconomici ed aziendali che senza ombra di dubbio confermino che il Giappone ha cambiato strada.

Da inizio 2014 il mercato azionario giapponese è tra i più deboli a livello globale. Da un punto di vista delle valutazioni l’indice Topix è allineato alla media globale, ma riflette utili storicamente bassi e quindi il potenziale è alto: se infatti l’indicatore prezzo/utili2013 dello Standard and Poors 500 è di circa 17, con utili che sono sui massimi storici, lo stesso indicatore per il Topix è di 15, con utili appena intorno alla media degli ultimi 10 anni.
A questo punto, per concludere, val la pena considerare l’importanza dell’Abenomics per i mercati e la politica economica internazionale.

L’Abenomics rappresenta il tentativo estremo di un sistema economico vecchio, depresso e strutturalmente immobilizzato, di risvegliarsi. Il tentativo viene fatto portando in Giappone quanto ha funzionato, dal 2008 in poi, negli Stati Uniti. Viene invece messa da parte l’ortodossia fiscale e monetaria europea. Le riforme strutturali, strategia comune europea e statunitense, vengono inserite in un paniere di strumenti fiscali e monetari molto aggressivi, ed è questa la differenza maggiore rispetto all’Eurozona e agli ultimi vent’anni di politiche economiche nipponiche.

Il raddoppio della base monetaria ed il target di inflazione sono molto più di un esperimento, sono un passaggio storico che non si vedeva dagli anni ’70 in tutto il mondo e i rischi che comportano sono importanti.

La dimensione dei rischi che sta correndo Abe, seri per il Giappone e per il mondo intero, dimostra quanto sia interesse di tutti che l’Abenomics sia alla fine un successo.

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