Affitti in nero: non più canone e durata fissati per legge
La Corte Costituzionale nella sentenza n.50/2014 in fase di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale ha dichiarato illegittima la normativa (Decreto legge 23/2011 art.3 commi 8 e 9) che dal 7 giugno 2011 consente, con la registrazione tardiva di contratti di affitto, di applicare agli stessi una durata e un canone convenzionalmente fissati dalla legge stessa. Alla base della sentenza vi è il rilevamento di vizi di delega.
La tesi della Corte è che la norma in questione, contenuta nel decreto sul “federalismo fiscale” è del tutto estranea alle disposizioni dettate dalla legge-delega da cui il decreto è scaturito (Legge 42/2009), perchè si occupa di evasione fiscale -legata al fenomeno degli affitti in nero- mentre la delega riguardava altri aspetti (l’autonomia finanziaria di comuni, province, città metropolitane e regioni).
Una bocciatura formale, quindi, ma che incide sostanzialmente sulle conseguenze della tardiva registrazione dei contratti di affitto. Finora la legge disponeva un’applicazione di una durata e di un canone convenzionale pari a quattro anni dalla data di registrazione del contratto con canone fissato al triplo della rendita catastale. La sentenza della Corte Costituzionale porterà così alla semplicemente l’applicazione dei termini contrattuali, eliminando così i sostanziali (e sostanziosi) benefici per l’affittuario.
Viene spontanea la domanda: e se il contratto non c’è?
“La norma bocciata a nostro avviso comprendeva anche questi casi, ben diversi da quelli dove comunque il contratto esiste e le conseguenze dell’applicazione di condizioni convenzionali possono essere giudicate troppo severe per il proprietario o causa di squilibri di trattamento tra proprietario e inquilino”, dichiara Rita Sabelli, responsabile aggiornamento normativo dell’Aduc, l’Associazione Diritti Utenti e Consumatori.
L’esperta citando in tal senso alcune delle contestazioni con le quali la questione è arrivata davanti alla Corte Costituzionale, evidenzia come a detta dell’Associazione “non basta la norma – tutt’ora in vigore- che scatta in caso di accertamento sui redditi del proprietario e che prevede l’assunzione, se il contratto di locazione non è registrato, di un reddito “presunto” e della preesistenza dello stesso”.
Se non c’è un contratto da registrare (pur in ritardo), cosa può fare allora l’inquilino che vuole regolarizzare la propria posizione? La possibilità, agendo di propria iniziativa, di far scattare condizioni convenzionali fissate per legge, e ovviamente a lui favorevoli, sarebbe un’arma forte nelle sue mani, e per il proprietario per contro si tratterebbe di un forte deterrente a “proporre” affitti a nero.
Ecco dunque che ora basterebbe riscrivere meglio le norme e soprattutto inserirle in un testo di legge appropriato, per esempio uno dei tanti decreti legge in materia fiscale che vengono emanati ogni anno. “Aspettiamo fiduciosi la prossima mossa del Governo”, conclude l’analisi la responsabile aggiornamento normativo dell’Aduc.