Mose ed EXPO 2015: dopo gli scandali sulle tangenti, per la stampa estera è l’Emilia Romagna a salvare la reputazione dell’Italia
L’ultimo scandalo colossale legato alle tangenti e al modello corruttivo che ha interessato la classe politica italiana è quello del Mose. Il bubbone veneto è l’ultimo di una lunga, lunghissima serie che ha visto protagonisti, in modo trasversale, i politici italiani. Lo spreco del denaro pubblico sembra confermarsi un canovaccio consolidato. Solo poche settimane fa la lente delle giustizia si era focalizzata sulle opere dell’EXPO 2015.
Opere compiute nel profondo nord della Penisola, nel cuore economico del Paese. Ora Veneto e Lombardia subiscono un tracollo di reputazione dovuto agli scandali legati alle numerose inchieste giudiziarie.
Scandali che non sono passati inosservati agli autorevoli quotidiani stranieri, come Le Figaro e Financial Times.Giornali sempre pronti a puntare il dito contro il “sistema Italia”. Non tutte le regioni italiane sembrano destinate a pagare dazio in modo uguale al danno reputazionale creato da questi ultimi accadimenti.
L’Emilia Romagna per esempio si conferma un volano anti crisi e un traino per la reputazione internazionale del nostro Paese. Questo almeno secondo quanto emerso dalla ricerca elaborata dell’ agenzia di comunicazione Klaus Davi e presentata oggi in occasione di un convegno promosso dall’ Assessorato al turismo della Regione sul “Brand Emilia Romagna” e realizzata monitorando oltre 50 prestigiose testate mondiali.
A trainare il marchio Emilia Romagna a sorpresa non sono solo il mare o la vita notturna, che pure si piazzano in prima posizione (con il 34% delle citazioni), celebrati da testate come la tedesca Bild o la britannica Sunday Times, ma anche l’entroterra e i distretti che suscitano un interesse sempre crescente (21%).
Oltre alle già rinomate spiagge di Rimini e Riccione, particolarmente amate dalle testate tedesche come la Bild e Der Standard che le ritengono un “must per tutte le stagioni”, sono gli itinerari in città come Bologna, Ferrara, Ravenna a farsi sempre più largo. Gli inglesi di The Independent per esempio definiscono Bologna “una scommessa vincente anche per il turismo invernale”, gli iberici di El Mundo si dicono letteralmente sedotti da Ferrara.
Ma il “Brand Emilia Romagna” come si diceva non è solo turismo: anche l’impresa fa la sua parte e lo fa alla grande. Sicuramente le grandi aziende si confermano un traino economico, ma si fanno largo i distretti e le piccole e medie imprese. Se tra i vip spiccano colossi come Ducati, Ferrari, Lamborghini o la più tecnologica Yoox, la stampa estera concede ampio spazio ai consorzi. In primis quello agroalimentare, capeggiato dal Parmigiano Reggiano ed esaltato da Le Monde. Ma anche i distretti come il biomedicale di Mirandola e il tessile di Carpi, elogiati da Le Figaro e Financial Times.
Non mancano certamente i punti di debolezza, Financial Times e Le Monde denunciano le difficoltà delle piccole e medie imprese di fronte alla crisi, la disoccupazione e i disagi post terremoto. Ma si tratta di problemi che in generale riguardano tutta l’Italia e che non possono non avere conseguenze in una regione così fondamentale.
Insomma, se ce ne fosse stato ancora bisogno, questa ricerca ha dimostrato che la Regione Emilia Romagna è un valore aggiunto che può trainare il Paese fuori da questa crisi infinita di credibilità che rischia di incidere negativamente sulla propensione dei capitali internazionali ad impegnarsi in investimenti in Italia.
ma…. in emilia romagna abbiamo le coop rosse ultraprotette da ogni parte.
gli scandali ci sono ma non se ne parla, vedi il disastro al policlinico di Modena.
come dice Grillo (e io NON sono un pentastellato) ” via la putredine rossa..!”
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Il problema è che noi non abbiamo una classe politica scadente…noi abbiamo da 30 anni una enorme folla di ladri e truffatori che hanno preso d’assalto ogni posizione pubblica dall’assessorato del piccolo comune fino ai vertici del governo nazionale.
E’ all’80% gente che quando riesce a farsi candidare/eleggere ad una carica pubblica comincia subito a fregarsi le mani per i soldi e i favori (ville e yacht “in prestito” pare siano l’ultimo grido) che riuscirà a farsi dare come bustarelle.
Ormai non puntano nemmeno più ai lauti stipendi o ai vitalizi, puntano al bersaglio grosso della corruzione in stile Colombiano o Senegalese.