L’onda lunga

Scritto il alle 10:46 da redazione [email protected]

Di seguito pubblichiamo un’analisi sui mercati a cura del team di asset allocation di MoneyFarm, società indipendente di consulenza finanziaria. Per gli esperti pongono l’accento sulle difficoltà attuali per gli investitori che si trovano nella classica situazione scomoda di capire quanto lunga sarà la fase rialzista dei mercati azionari in corso dal 2009. A detta di MoneyFarm il 2014 si presenta come un anno difficile: nessun mercato pare eccessivamente caro ma la crescita dei listini degli ultimi anni ha lasciato poche nicchie di valore e portato gli investitori ad un certo nervosismo.

Analisti e strategisti di mercato amano interpretare le dinamiche dei mercati azionari in termini di fasi “orso”, fasi “toro”, cercando una chiave interpretativa dei mercati, a dimostrazione che i prezzi non si muovono davvero in modo casuale, come certe teorie vorrebbero far supporre, ma seguono dei macro trends che, se visti in tempo, permettono a chi investe di raccogliere qualche extra profitto.

Grafici come quello riportato qui sotto, relativi al mercato azionario americano, sembrano confermare che effettivamente esistono cicli di mercato ben precisi, che durano qualche anno.

L’interventismo delle banche centrali negli ultimi anni sembra essere una delle ragioni dietro la continua salita dei mercati azionari dal 2009 al 2013, una strategia costante di supporto ai mercati che ha dominato su tutto il resto e creato un ciclo ben visibile.

Assodato quindi che i mercati, almeno da una prima analisi, seguono dei cicli, e che questi cicli in qualche modo riflettono l’andamento delle economie e le azioni delle istituzioni coinvolte, l’investitore si trova oggi nella classica situazione scomoda di capire quanto lunga sarà la fase rialzista dei mercati azionari in corso dal 2009.

Vengono allora a supporto più profonde analisi storiche da cui si può notare che alcuni cicli (anni ’90) sono durati un decennio, altri un quinquennio (2003-2008), altri di più (fase laterale 1968-1983). Cinque anni di mercato toro quindi in teoria non sono necessariamente troppi.

Poi se si considera che dal 2000 ad oggi di fatto ci sono stati due cicli ribassisti e due rialzisti con risultato di fatto nullo, c’è chi spera in una “rottura” definitiva al rialzo di un movimento laterale che non ha portato altro che volatilità negli ultimi quindici anni.

La situazione dell’investitore è chiaramente scomoda e occorre muoversi su due fronti:

–          si valuta se le valutazioni del mercato americano sono da bolla o meno e  se i fondamentali delle aziende sono attesi in miglioramento.

–          si estende il campo d’analisi (nel grafico sopra abbiamo mostrato solo lo Standard and Poors) alla ricerca di nicchie o settori ancora acquistabili a prezzo interessante, segmenti di mercato che sono stati indietro.

Per quanto riguarda il primo punto, il grafico più comunemente usato è il rapporto tra il Prezzo attuale e gli utili medi realizzati dalle aziende presenti nell’indice negli ultimi dieci anni corretti per l’inflazione, indicatore sviluppato negli anni ’30 e ripreso da Robert Shiller.

Attualmente l’indicatore viaggia a 25.4, ossia circa il 30% più caro della media storica di 19.1 dal 1955.

Questo significa che il mercato potrebbe essere caro (non però come nel 2000) e che gli utili in arrivo nei prossimi anni dovranno essere significativamente in crescita per giustificare una valutazione alta.

L’aspettativa per il 2014 e 2015 di crescita degli utili negli Stati Uniti è forte (+ 8.5% nel 2014 sul 2013, ulteriore +11.6% nel 2015, dati Bloomberg), a testimonianza del fatto che il prezzo dell’indice incorpora parecchio ottimismo. Tra l’altro non va dimenticato che gli utili americani sono su livelli storici massimi di sempre, avendo ormai recuperato dai minimi pre-crisi (anche in termini reali).

L’attesa per utili ancora in crescita va poi contestualizzata con una ripresa americana ormai avviata da anni e un mercato del lavoro tutto sommato in condizioni buone, ma non ottime come il solo dato di disoccupazione al 6.7% farebbe pensare. A supporto del mercato azionario americano resta invece l’assenza di alternative significative sui mercati obbligazionari, dove i tassi sono bassi e nel migliore dei casi si spera di perdere poco in termini reali nei prossimi anni.

Vediamo allora più in dettaglio alcuni mercati azionari su cui riteniamo di vedere in modo un po’ più chiaro del valore inespesso.

Ci focalizziamo su Giappone, Italia e Mercati emergenti.

Nella tabella vediamo il prezzo / utili attuale (utili dell’ultimo anno), l’attesa di variazione utili per il 2014 sul 2013 e l’attesa sull’andamento dei fatturati nel 2014.

I tre mercati si distinguono per motivi diversi.

Mercati emergenti: in questo caso l’indice generale dei mercati emergenti tratta a prezzi bassi pur con attese di crescita ancora buone di utili e fatturati. Pesa in questo caso il timore che le attese vengano smentite e che il rallentamento dei Brics sia qualcosa di strutturale e non ciclico.

Come abbiamo già detto in passato, difficilmente nel breve gli investitori riscopriranno i paesi emergenti, ma i prezzi attuali sono interessanti e offrono un ottimo livello di ingresso per chi ha tempo di aspettare (chi non ha tempo di aspettare in generale non dovrebbe approcciare i mercati azionari…).

Giappone: la grande delusione del 2014, per ora. Il mercato non è a buon prezzo e le attese di utili sono positive ma in linea con la media globale.  In un editoriale specificamente dedicato all’Abenomics abbiamo espresso la nostra fiducia nella potenza riformatrice delle riforme di Abe e della politica monetaria di Kuroda. Dopo un forte rally ad inizio 2013, il recente rialzo dell’IVA e dati di crescita che mostrano un po’ di stanchezza, il mercato azionario sta accusando il colpo. Le ultime minute della Bank of Japan rilasciate questa settimana però confermano un ottimismo di fondo sulla forza della ripresa e sulla bontà delle politiche intraprese. Ci si aspetta quindi che gli utili aziendali battano le stime nei prossimi anni e che il mercato si riveli più a buon prezzo di quel che appare.

Italia. In questo caso, il mercato è ancora a buon prezzo rispetto al resto dell’Eurozona, anche se le aspettative di ripresa degli utili non sono elevate. In questo caso, come per i mercati emergenti, le valutazioni sono basse, ma a differenza degli emergenti le aspettative sono pure basse e c’è spazio per sorprese positive (le aspettative per l’anno 2014 non sono significative viste le svalutazioni fatte dalle banche principali). Va precisato che il mercato italiano è per composizione un po’ diverso da quello europeo, per l’ampio peso di banche ed energia.

Dopo una lunga onda rialzista che guida i mercati dal 2009, il 2014 si presenta come un anno difficile. Nessun mercato pare eccessivamente caro, l’economia globale dovrebbe crescere quest’anno, di un buon 2.8% ma anni di continua crescita hanno lasciato poche nicchie di valore e portato gli investitori ad un certo nervosismo.

La correzione in corso in questi giorni potrebbe quindi essere di modesta portata e in qualche modo salutare.

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